Sicilia in ripresa dopo il Covid? Questo è il tema fondamentale che stiamo affrontando in questo periodo così particolare e il mio ritorno in patria — si, sono siciliano — mi ha regalato un marchio paragonabile ai calzini della zia come dono di Natale.
Un nuovo marchio e alcuni video da trenta secondi l’uno per promuovere e rilanciare la stagione turistica della Sicilia. “SICILIA: your happy island” è lo slogan che ha sommerso di banalità l’isola dai mille profumi e sapori. Il nuovo marchio SICILIA, costato oltre 20mila euro ai siciliani, sembrerebbe un tributo con un chiaro riferimento ad uno stile grafico del passato. Ma, in realtà non è così e racchiude tutto ciò che di sbagliato c’è in un marchio, se così può essere definito.
Basta copiare Max Huber?
L’utilizzo di lettere (e forme) sovrapposte di vari colori non è qualcosa di nuovo, basti pensare ai lavori del design svizzero Max Huber, caratterizzati da una visione grafica razionalista, vivace e dinamica che non passa di certo inosservata. Infatti Huber, pur essendo un grafico di formazione svizzera, riuscì a rompere gli schemi, andando oltre l’utilizzo classico della griglia attraverso l’uso di colori, sovrapposizioni, giochi di luci e forme geometriche. L’utilizzo delle forme primarie ricordano nella loro semplicità la grafica svizzera, ma la trasparenza e la sovrapposizione conferiscono alle sue composizioni movimento e dinamismo.
Max Huber, Gran Premio Dell’ Autodromo Monza, Manifesto (1948).
Max Huber: 10 opere grafiche 1936-1940, Manifesto, Top edition Rimoldi (1987).
Ma chi era Max Huber? Un designer di grande talento dalla personalità poliedrica, che svolse la sua attività da progettista principalmente in Italia. Nel 1940, all’età di 21 anni, arrivò a Milano dove venne a conoscenza dell’esistenza dello Studio Boggeri, grande studio di progettazione visiva fondato nel 1933 da Antonio Boggeri, che lo assunse dopo aver visto un suo biglietto da visita le cui lettere erano disegnate a mano con precisione alla loro distanza ottica. Nel 1954 gli viene conferito il premio Compasso D’Oro. Nel corso della sua carriera fu autore di moltissimi artefatti comunicativi, cercando un equilibrio tra le esigenze dei suoi clienti e il proprio bisogno di sperimentare. Huber realizza identità visive per la Rinascente, la Triennale di Milano, Coin ed Esselunga, copertine per Einaudi e manifesti per Borsalino, Pirelli e Autrodromo di Monza, ma anche allestimenti per la Rai, per l’Eni e per Montecatini.
Dietro alla progettazione di un marchio, quel che conta è l’idea, ma questo succede anche in pubblicità, in televisione, in letteratura, nel cinema e nella musica. Disegnare un marchio non basta a dare identità e l’unica soluzione è uno studio approfondito dell’intero lavoro di progettazione della Visual Identity.
Lo studio K95 e l’Huber Alphabet
In occasione del centenario della nascita di Max Huber, Danilo De Marco e Dario Leonardi — fondatori dello studio K95 di Catania — per omaggiare il grande designer svizzero hanno disegnato e realizzato un font vettoriale sintetizzando lo stile e la personalità di Huber. Il progetto vuole raccontare una storia, traendo ispirazione dal passato non dimenticando però il presente. Si tratta per l’appunto di un tributo, un alfabeto geometrico colorato che simula la tecnica di sovrastampa, marchio di fabbrica che Huber utilizzò in molti suoi lavori.
Huber Alphabet, font vettoriale tributo a Max Huber.
Una delle composizioni realizzate per promuovere il font, ispirate alle grandi passioni dell’artista: gare automobilistiche, sci e musica jazz.
Sicilia, l’ultimo colore dell’arcobaleno
Il logo ha i colori del giallo come il sole che scalda la Sicilia, blu come le sue acque profonde, arancione (due toni, uno più scuro e l’altro più chiaro) che richiamano i suoi agrumi più famosi ed apprezzati, verde come le chiome dei suoi alberi carichi di leggenda, azzurra come il cielo terso che la incorona, rossa come il magma che ne rispecchia la potenza ancestrale. Lettere colorate, per scrivere Sicilia, congiunte graficamente per non interrompere il flusso di sensazioni e restare unite in eterno, innamorate del loro risultato.
Queste sono le parole usate per giustificare l’estetica — e un concept inesistente — del nuovo marchio Sicilia. Concentrare lo studio esclusivamente sul colore delle lettere che lo compongono è stato lo sbaglio più grande, figlio di mancanza di studio, dato che il colore da solo non dà identità e legame con il territorio siciliano. Negli ultimi anni molte aziende hanno deciso di cambiare il proprio marchio creando logotipi simili tra loro, anche a discapito della propria identità. Evidentemente queste realtà non puntano più al solo riconoscimento del marchio, ma al posizionamento dello stesso all’interno della loro comunicazione.
Per molti il nuovo marchio Sicilia è un chiaro plagio a quello realizzato dalla regione Puglia, il quale fu commissionato per l’Expo 2015, altri invece trovano analogie con il marchio della regione Sardegna. In molte città o regioni, nel corso del tempo, la scelta di idee scadenti si ripete e la colpa risiede nella poca meritocrazia di questo paese, dove la cultura grafica non viene protetta e valorizzata, ma va avanti il cugino/a, nipote, amico/a, compagno/a, figlio/a di qualcuno.
Il marchio SICILIA messo a confronto con altre identità legate al territorio o ad eventi.
Altro elemento che peggiora una situazione già critica di suo è il payoff: your happy island. Lo slogan risulta banale e non trasmette nulla, più adatto ad un parco di divertimento o ad un asilo nido. Inoltre, sorge una domanda spontanea: perché usare sempre più spesso termini in inglese? Basta con questi annacquamenti culturali disseminati qua e là. Gli anglicismi pervadono la vita di tutti i giorni e in certi ambiti, legati magari al mondo dei social o alle relazioni internazionali, questi sono più diffusi, tuttavia il collegamento non è sempre così evidente o utile. E dunque, perché non usare un payoff in siciliano? Il siciliano non è un semplice dialetto, ma una vera e propria lingua, storia di un’isola e dei tanti popoli che l’hanno abitata. Quindi il siciliano porta con sé numerosi segni del passato, dalle dominazioni alle conquiste, con espressioni che compongono il vocabolario dell’idioma isolano.
Quindi il nuovo marchio SICILIA funziona o no?
No, il risultato è disastroso e banale, non rappresenta né la bellezza, né la storia e né tantomeno la tradizione della Sicilia. Parlare dei lavori altrui è sempre difficile, però un progettista, per essere tale, deve saper e poter raccontare una realtà, ma raccontarla no solo a se stesso ma sempre a qualcun altro. Lo studio ci consente di approfondire e valorizzare quello che facciamo, attraverso “una buona storia” che vale la pena di essere narrata e che il pubblico vuole ascoltare e la Sicilia ha tanto da raccontare.
Per approfondire
Uber Acca è un progetto di Simona Balmelli, un libro interattivo e sensoriale che apre la mente e libera la fantasia. Uber Acca è composto da 117 carte trasparenti e 11 idee per composizioni e combinazioni.